“… è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra” cantava Fabrizio De André in una delle sue canzoni più toccanti. E cosi dev’essere anche per Flavio Secchi, chitarrista e cantautore originario di Capoterra: ha preso in mano una chitarra per la prima volta da bambino, e  non l’ha più lasciata.

Ho iniziato a suonare a otto anni. I primi rudimenti li ho appresi da mio padre, chitarrista per passione, non per professione. Non facevo altro che suonare: viste le mie buone intenzioni, i miei mi hanno mandato a lezione da Peo Alfonsi, un grande chitarrista con una solida base classica e jazzistica. È stato lui ad avermi fatto amare il jazz.

Dopo le inevitabili esperienze adolescenziali in band rock e metal, Flavio approfondisce lo studio del jazz: si diploma in Chitarra Jazz al conservatorio di Cagliari, parte a Roma per studiare al St. Louis College of Music e partecipa a diversi masterclass, fra cui uno, “indimenticabile”, con Pat Metheny.
Ma Flavio vive un tappa fondamentale del suo percorso musicale a Siviglia, dove, dal 2013 al 2015, studia chitarra flamenca al Conservatorio Cristobal de Morales.

Da ragazzo mi aveva colpito molto il modo di suonare di Paco de Lucia. La chitarra così come la conosciamo noi ha le sue radici nel flamenco:  persino l’armonia, in questo genere, è legata allo strumento, tanto che le tonalità prendono il nome dalla posizione delle dita sulla tastiera.

Grazie allo studio del flamenco, Flavio ritrova un rapporto viscerale e quasi ” fanciullesco” con lo strumento:

Il jazz è bellissimo, ma è molto “grammaticale” e complesso: mi sembrava che stessi perdendo un po’ di spontaneità, un po’ di poesia, ecco.

L’esperienza a Siviglia segna profondamente Flavio che, anche grazie a un’amicizia particolare, non si limita a suonare il flamenco, ma a viverlo:

Ho stretto un’amicizia profonda con un ragazzo gitano, José Suarez Peña, in arte Pitin, una persona che mi ha dato davvero tanto. Ho passato molto tempo con lui e la sua famiglia. I gitani non suonano, non fanno musica: loro sono la musica, sono il flamenco. “Somos flamencos”, dicono. Questo mi ha fatto riflettere: un artista non deve fare il chitarrista, il cantautore, il jazzista, ma deve trovare ciò che è senza darsi etichette.

“Ho fame di cibo, di pace, di tante canzoni…”

Il giorno prima di partire a Siviglia, Flavio manda in stampa il master del suo primo disco di canzoni, completamente autoprodotto: Flavio Secchi & The Hall Kitchen.

Sono molto affezionato al mio primo album, con la sua piccola tiratura. Sono affezionato al primo video ufficiale, La canzone dell’amicizia, diretto da Joe Bastardi.

Flavio Secchi chitarra

Flavio arriva alla forma canzone attraverso la poesia:

Ho sempre amato la poesia, ho anche pubblicato una raccolta. Ho provato a immaginare la musica come colonna sonora delle mie poesie, un modo per esprimere tutto me stesso.

Tornato da Siviglia, Flavio decide di iscriversi al Premio Donida, dedicato a compositori, cantautori e interpreti:

Ho vinto due premi e ho stretto amicizia con Massimo Satta, diventato nel frattempo il mio produttore artistico, e Monica Donida, dell’etichetta La compagnia di Donida. Grazie a loro ho affinato il mio stile.

Grazie al successo riscosso al Premio Donida, Flavio entra a pieno diritto nel mondo cantautoriale italiano. Così, spinto e accompagnato dai fedeli Massimo e Monica, Flavio partecipa a un’altra manifestazione di spessore, Musicultura. Flavio presenta La cosa più bella ed entra fra i sedici finalisti, con la possibilità di accedere alla finalissima, riservata a soli otto artisti.

Già il fatto di essere entrato fra i primi sedici mi riempie di orgoglio, ma entrare nei primi otto sarebbe eccezionale. Ho buone possibilità di farcela. Arrivare in finale in un concorso del genere è un sogno che condivido con le persone della mia vita: amici e famigliari che mi sostengono. Loro sono il mio carburante.

Durante la manifestazione, Flavio ha potuto dare un’occhiata anche allo stato di salute della musica indipendente italiana:

Musicultura è stata un’esperienza notevole anche perché ho potuto tastare il polso del cantautorato indie italiano: devo dire che sta molto bene. C’è un fiorire di molta musica che preme per farsi ascoltare.

Flavio Secchi playing

Nei suoi testi, Flavio canta di vita quotidiana: amore, amicizia, relazioni fra le persone sono i temi più toccati dalle sue canzoni, ma non sono gli unici.

Spesso parlo delle mie esperienze o di persone vicine a me, ma mi capita di toccare anche temi sociali: per esempio, nel brano Dal fondo del bicchiere ho parlato di dipendenza dall’alcol, mentre Il bandito ho cercato di assumere la prospettiva di chi sceglie questa strada, per capire se avesse a disposizione un’alternativa o no. Questa canzone l’ho concepita a Siviglia: la Sardegna, lì, è conosciuta anche per il banditismo. “Los Sardos, los bandidos”. Ricordo che la cosa mi aveva un po’ infastidito.

Viene da chiedersi quanto le capacità tecniche abbiano aiutato Flavio nella composizione e se ogni tanto,  fra un verso e l’altro, fa capolino la tentazione di far sfoggio delle sue abilità:

È difficile rispondere. Avere dimestichezza con lo strumento non può che aiutare, ovvio, ma non è l’aspetto più importante. Lo sfoggio di tecnica in sé non mi interessa, la tecnica dev’essere al servizio delle idee. Uno dei riff più suonati dei miei pezzi è quello della Canzone dell’amicizia, semplicissimo.

Di certo, la profonda conoscenza dello strumento lo aiuta nei live chitarra e voce:

Mi sento molto a mio agio nel ruolo di one man band: posso accompagnarmi da solo, fare il bardo, il menestrello, raccontare le mie storie, creare un’atmosfera intimistica. Con una band il focus dal racconto si sposta un po’ dal racconto al suono.

E se a Flavio piace fare concerti chitarra e voce, al pubblico piace ascoltare i suoi racconti:

Il complimento più bello che mi hanno fatto è stato: sei proprio credibile. Essere riconosciuto e apprezzato come cantautore mi dà felicità.
Mi dicono che assomigli a Dalla, che è il mio preferito…

I progetti futuri? Sono già presenti:

Il disco nuovo, Parole per chitarra, è in uscita per l’etichetta La compagnia di Donida: attendiamo l’esito di Musicultura, poi sarà disponibile. Dopo l’uscita del disco partirà il tour di concerti in Sardegna e in tutta Italia. In parallello, Massimo ed io abbiamo pensato a un tour di tributo ai massimi cantautori italiani: da De André a Dalla, passando per Pino Daniele e Daniele Silvestri. Mi piace tanto quest’idea: rendere omaggio ai grandi cantautori italiani, salire sulle spalle dei giganti e, da cantautore, ringraziarli.

Flavio ha tanto da dire, nelle sue canzoni. Dove finiscono le sue dita, incomincia sempre, in qualche modo, una chitarra. E dove finisce la chitarra, cominciano le sue storie, fatte di piccole gioie quotidiane, amori, amicizie e difficoltà della vita. Ascoltarle è un piacere, emozionarsi naturale.

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Potete votare Flavio per farlo entrare fra i primi otto finalisti di Musicultura a questo link. Avete tempo fino a lunedì 16 alle 16: questo è il brano in gara. Forza!