Michele Salis, in arte Medùllaè un giovane ragazzo sardo con un percorso artistico molto particolare: comincia come ballerino, ma presto capisce che la sua vera passione è il canto, il solo modo per condividere quello che sente con chi avrà la sensibilità di andare oltre la superficie.
Michele e Medùlla sono un’unica forza, l’uno non potrebbe esserci senza l’altra:

Michele Salis e Medùlla non sono cose diverse. Non sono due persone, bensì la medesima entità con aspetti diversi. Medùlla viene da Midollo in latino: qualcosa di profondo ed essenziale.

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Cercare di definire Michele significherebbe perdere parte della potenza creativa che sprigiona. Come artista non va definito, ma compreso, perché ha tantissimo da comunicare: il suo intento è spingere le persone verso la ricerca interiore.

Michele ha iniziato come danzatore, ma ben presto si rende conto che dedicarsi a questa disciplina significa “annullarsi” e sacrificarsi come essere umano:

Io nasco come danzatore contemporaneo. Credevo di amare la danza, invece mi aveva come inglobato, risucchiato in un tunnel. Mi portava a repellere ogni altra possibilità di realizzazione nella vita, una sorta di dogma secondo cui se fai il danzatore puoi essere e devi essere solo questo, dedicare alla danza l’intero complesso di energia e tempo di cui disponi. Sacrifichi la persona che sei per il danzatore che hai dentro e la persona scompare.

Michele, sentendosi soffocare, cambia improvvisamente rotta e sceglie il canto come via di salvezza:

Non era quello il modo, il mio linguaggio artistico era un altro, ma non lo sapevo. Non potevo esplodere come artista in quel campo perché io non dovevo stare sulla musica, dovevo crearla e diventare musica a mia volta. Fin da bambino cantavo, scrivevo, studiavo e danzavo: mi accorsi che danzare e basta mi aveva tolto il resto. Quando ho capito questo l’ho lasciata senza problemi e mi sono sentito libero, sgravato da un peso.

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Comincia quindi un percorso creativo ma anche di vita che lo condurrà alla scoperta della sua vera identità, grazie alla quale sperimenterà nuovi sound e esplorerà atmosfere e generi creativi nuovi.

Ho iniziato a cantare in varie band. Sono cresciuto con i Pink Floyd, mio padre mi faceva ascoltare i loro LP e CD. Successivamente sono arrivato a Björk e all’elettronica, al mondo del post rock, shoegaze e generi affini, perciò nelle band cercavo quelle atmosfere, quel modus di suonare.

Inizialmente Michele si unisce ad alcune band, ma presto si dedica al suo progetto solista, una scelta quasi obbligata per esprimere pienamente la sua essenza:

Ho deciso per un progetto solista che toccasse generi più in sintonia con la mia voce e la mia personalità, più vicino al mio modo di scrivere testi.

Fare musica per Michele è il fondamento del suo essere e della sua vita: l’unico modo che ha per comprendere sé stesso e aiutare gli altri nella ricerca di loro stessi.

La mia musica è il prodotto di una forte ricerca interiore autoanalitica e introspettiva, ma in qualche modo ha contribuito a generare ulteriori riflessioni utili, a intuire demoni nascosti. Una catarsi, ecco. L’ingresso alla facoltà di Filosofia e lo studio di filosofia orientale sono stati fondamentali nella vita e nella musica.

La musica di Medùlla prende vita dalla sperimentazione: definirla e inserirla in qualche categoria precisa, risulta impossibile.

Elettronica dal punto di vista musicale vero e proprio (precisamente un mix di sperimentale, psychedelia, ambient, drone, dream, noise), indie perché autoprodotta e indipendente, totalmente. In particolar modo la definirei alternative.

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Il sound di Medulla cerca di raggiungere lo spirito delle persone e mira a innalzarne gli animi, parla a chi ha un terzo occhio notevole.

I brani non hanno struttura precisa come nel pop, c’è una ricerca in ogni senso, i testi e le tematiche sono più ermetici e complessi, il pubblico è quello che possiede la sensibilità di capire e andare oltre.

In mondo dove tutto viene semplificato, dove le persone tendono a non porsi troppe domande, le musiche di Michele intervengono per favorire la ricerca e la riflessione.
Il desiderio di Michele non è quello di creare un prodotto che possa essere definito “di nicchia”, ma creare qualcosa che possa spingere le persone a porsi degli interrogativi, analizzarsi, riflettere per poi giungere all’accettazione del proprio modo di essere.

Ciò che la mia musica vuol fare non è solo parlare o riflettere su certe tematiche esistenziali e interiori, bisogna vederla come una filosofia più pratica e pragmatica, l’obiettivo è la spinta all’azione, al cambiamento concreto, alla modificazione e al miglioramento sia di sé che, di conseguenza, della propria esistenza. Non credo sia selettivo ciò che faccio, ma non voglio sia un ascolto o un’esperienza leggera.

La fenice rinasce sempre dalle sue ceneri

Per fare questo ha creato un disco, Climax, 11 tracce, prodotto da Murdasound Records. È un disco molto importante per Michele, perché nasce durante un periodo molto difficile della sua vita. Per lui, è come una rinascita.

Si intitola Climax perché la mia vita è stata ed è in ascesa dal punto di vista della “rivoluzione umana” e cerca di spingere l’ascoltatore nella stessa direzione. È un veicolo e una via: un metodo diciamo.

Con climax si intende qualcosa che progredisce, che cresce, che ascende. Incarna proprio questo elemento positivo dell’andare verso l’alto. È quello che come mente, come artista e come essere umano ho fatto io, e mi piacerebbe permettere ad altri di farlo. Inoltre, dal punto di vista concettuale, le tracce sono disposte in questo senso: l’ultima è il culmine, la liberazione.

La traccia più amata da Michele è Canto di Ossian (Vegvìsir):

In questo pezzo si esprime la sensazione della perdita totale di sé stessi, un completo spaesamento, terrore folle e dolore interiore. Ho cercato di comunicare ciò che si avverte quando non si hanno certezze e sembra non ci sia terreno sotto i piedi. È un po’ lo start del climax. Dovrebbe farti capire che devi iniziare qualcosa, devi farti a pezzi e ricostruirti secondo una nuova forma più mutevole e flessibile.

Vivere d’arte in Sardegna: una scommessa che speriamo Michele e tanti altri possano vincere. Lui da questo punto di vista ha le idee chiare e ci racconta senza filtri la sua opinione in proposito:

Sarebbe possibile se si lavorasse sulla nostra cultura e società attraverso la scuola,  la pubblicità, l’informazione e gli eventi per mostrare che fare l’artista è un lavoro non un gioco. Sarebbe un lavoro funzionante se fosse visto come tale. Al momento non è possibile qui.

Michele è dotato di talento, sensibilità e coraggio: attraverso la sofferenza e l’arte è riuscito a risorgere come una fenice dalle sue ceneri e si è aperto al mondo. La sua è una missione: aiutare le persone a scostare il velo dell’apparenza per potersi guardare dentro senza filtri e finalmente accettarsi nella piena libertà. Come un novello Don Chisciotte, ha cominciato il suo viaggio: lasciamoci guidare dalla sua splendida voce.